martedì 25 settembre 2012

10. CONCETTA LOMBARDO OGGI



di Luigi Mariano Guzzo
La santità di Concetta Lombardo è incarnata nei calli delle sue mani di sarta e contadina. E’ una santità feriale, cioè vissuta ogni giorno nelle varie occupazioni quotidiane. Ma Cristo era il cuore della sua vita; era Lui che plasmava i suoi pensieri, i suoi gesti e le sue convinzioni più profonde.  Concetta accolse Gesù come “la via, la verità e la vita” (Gv14, 1-6) del suo essere. La Parola (il Verbo) in lei si fece vita e la sua vita si fece, - e ancora oggi si fa -, Parola: testimonianza concreta di Cristo, espressione di un amore crocifisso con Gesù sulla croce, che, però, è risorto e produce frutto, come il chicco di grano caduto nella terra.  “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv, 12,24).
Perché fu martire Concetta?  Perché le ragioni di fede della propria vita furono più importanti della vita stessa.
Una vita senza ragioni, senza motivi, senza interessi - ed è questo un messaggio per credenti e non credenti - è una non-vita; magari, semplicemente, un esistere. Ma nulla ha a che vedere con quella dimensione dell’essere spirituale e trascendente, trainante e rigenerante, enigmatica ed evolutiva, imperscrutabile ed inaccessibile, straordinaria e incantevole, al confine tra il mistero e la ragione, che chiamiamo vita. E allora sull’altare della purezza e dell’innocenza Concetta ha offerto la propria vita: vittima sacrificale, in quella calda domenica del 22 agosto 1948, ha celebrato la sua Pasqua celeste, lei agnello immolato a soli ventiquattro anni, nel fiore della giovinezza.
I  perché dell’uomo sono diversi dai perché di Dio. La storia di Concetta induce al silenzio e alla contemplazione: è una vicenda intessuta di poche parole e di gente analfabeta. Concetta non dice niente. Anzi dice tutto: perché a parlare è la sua esistenza interamente vissuta come dono per gli altri, fino all’ultimo, per salvare la famiglia del suo uccisore.
Concetta ama la vita ed ha paura della morte. Non è un’eroina che sfida il destino. Trema nel mentre è aggrappata alla pancia della zia incinta. Ha il fiato soffocato quando è strattonata dal Messina. E tutta raggomitolata a terra nel mentre vede la pistola puntata su di lei. Forse si tappa le orecchie per non sentire il colpo,  anzi i colpi. E’ solo un istante, ma pare non finire mai. Però non si pente della sua scelta. Il “no” al Messina è un “sì” incondizionato a Dio, alla verità della sua Parola, alla santità del matrimonio, alla dignità della persona, all’onore della famiglia.
Il coraggio di Concetta non sta nel morire, ma risiede nello scegliere di morire. E non preferisce la morte più che la vita, ma sceglie la morte per una coerenza eroica alla vita: “Meglio morire che dare scorno al Signore e alla mamma”.  E’ per questo che Concetta è martire, come lo sono Maria Goretti (1898 – 1902), Carolina Kozka (1898-1914) o Pierina Morosini (1931 – 1957). “E’ meglio morire che compiere il peccato”, dice Concetta. Perché, - lei lo sapeva bene -, la purezza è un dono che non si svende, la castità ha un senso, l’amore è una cosa seria. E poi il matrimonio. Concetta è martire per la purezza, ma anche per i valori della famiglia cristianamente intesa. “Hai moglie e figlia”, ha ripetuto a Vincenzo che la ossessionava senza sosta, al punto da renderle la vita impossibile. “Il matrimonio è vincolo indissolubile, santo, intangibile”. “Ciò che Dio congiunge, l’uomo non separi” (Mt19,8). E di ciò Concetta ne aveva contezza, lei che sognava di farsi una famiglia, che aveva il corredo pronto nella cassapanca, che fino alla sera prima del martirio era stata con l’ago a ricamare le lenzuola.
Il martirio di Concetta in uno sperduto lembo di terra di Calabria è la conclusione degna di una vita santa. Concetta ha reso speciale ciò che agli occhi del mondo - di questo mondo - può apparire di una banalità inaudita. E sulla polvere di una esistenza fatta di stenti, di privazioni, di delusioni Concetta ha saputo scrivere il suo sì. Per lei il tutto, le gioie come i dolori, non era destino, ma provvidenza. Già anche la morte del padre, la delusione di Luigi Posca, la scodella vuota, l’abbandono di Alfonso Carello, le angherie del Messina per Concetta rientravano in un piano provvidenziale, che di per sé è salvifico, e che lei viveva nella preghiera, facendo il suo quotidiano atto di fede sofferta, vivendo la sua quotidiana notte oscura. Fede, speranza, carità si leggono tutte e nitidamente nella vita di questa giovane bracciante di Stalettì, nella cui povertà Dio si è rivelato e, ancora una volta, ha scritto una storia di salvezza. Dio non sceglie capitali d’impero, troni d’oro, dinastie regali. Ieri a Nazareth, oggi a Stalettì. Dio ancora una volta si è rivelato in questa ragazza giovane ed umile e ha fatto di lei la sua bandiera: ha scelto lei perché altri, tanti altri, scelgano Lui.
Sono molteplici gli insegnamenti che Concetta offre all’uomo di oggi. Ella dice che la vita è un dono e che  il matrimonio è pazienza, ascolto, condivisione, servizio e impegno: l’amore si realizza nella fedeltà ed è dedizione generosa e piena della vita alla persona amata e alla famiglia. Le passioni non possono avere il sopravvento sull’amore.
Chi ama realmente è disposto a donare fino all’ultimo respiro la propria vita, compresa la morte. Concetta ha speso la sua  vita,  amando e mettendo in conto anche la morte, non come sacrifico, ma come grazia. Ed è questo il messaggio, soprattutto,  per i giovani d’oggi.
“Amate, amate, amate, senza misura e senza riserve; nella verità e nella libertà più autentica risiede il gusto ed il segreto dell’amore che è vita in due; l’amore non è costrizione ma incontro di sguardi; e allora amate senza imposizioni, senza violenza, senza scontri, senza dominazioni, senza tradimenti;  amate e basta, perché Dio è amore”. Questo Concetta sembra volere pronunciare all’uomo di oggi e la sua parola è stato il suo sangue versato. 
     La storia di Concetta è pure la storia di tante donne, giovani e belle, sfruttate, messe sul marciapiede, stuprate, dominate da uomini-padroni, accecati dall’ira funesta di passioni insane. A loro, ai familiari e a tutti noi Concetta, con la sua testimonianza di vita evangelicamente ispirata, dà la sua solidarietà, tende una mano e invita a non fasciarsi la testa, a non avere paura, a non vergognarsi della propria femminilità. Perché, purtroppo, ancora oggi nel terzo millennio essere donna è un diritto da conquistare giorno dopo giorno tra mille difficoltà ed incomprensioni. A tutti Concetta dice che la vita è bellissima quando è intessuta di amore, perché “Dio è amore e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv. 4,16).

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